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SUVA al centro delle critiche

Amianto alle Officine: «Come il cerino in mezzo al fienile»

I sindacati SEV e UNIA, la Commissione del personale (CoPe) delle Officine e l’Associazione «Giù le mani» chiedono la massima chiarezza e trasparenza sulla gestione del dossier amianto. E chiedono la creazione di un ente «super partes» di alto profilo e indipendente.

Le insidiose fibre di amianto. L’amianto diventa una minaccia se le sue fibre vengono disperse nell’aria e inalate.

Alle Officine di Bellinzona si riaccendono i riflettori sull’amianto. Prima un’anticipazione della RSI (a cui si è rivolto un collaboratore delle Officine dopo avere ricevuto una comunicazione da parte della SUVA) e poi un’inchiesta giornalistica del quotidiano «laRegione», hanno riportato al centro dell’attenzione la minaccia subdola dell’amianto, ricordando che alle OBE ci sono stati almeno cinque decessi a causa delle malattie legate all’amianto (cfr. articolo di spalla). La lettera inviata dalla SUVA ad alcuni collaboratori ed ex collaboratori sul cambiamento della frequenza dei controlli in ambito di prevenzione tumorale, ha destato preoccupazioni cariche di ansia. Per diversi ex operai e pensionati l’annuale controllo medico si è infatti trasformato in esame solo quinquennale «perché non fumatori». L’aver affermato di non essere a conoscenza di decessi alle Officine, per poi rettificare la comunicazione, ha inoltre gettato ombre sulla serietà della SUVA. «La scarsa trasparenza nelle comunicazioni da parte della SUVA ha esacerbato gli animi, tanto da incrinare il rapporto di fiducia in questo istituto. La SUVA - ha commentato Gianni Frizzo - ha gettato da sola il cerino nel fienile».

In occasione della conferenza stampa della scorsa settimana, Gianni Frizzo (Giù le mani), Matteo Pronzini (UNIA), Vincenzo Cicero (UNIA), Pascal Fiscalini (SEV) e Ivan Cozzaglio (CoPe) hanno denunciato il modo di procedere della SUVA e sottolineato l’incertezza che regna alle Officine, dove nel frattempo almeno venti persone si sono rivolte alla CoPe e ai sindacati chiedendo quali passi compiere per essere inclusi nella lista delle persone da monitorare. I nominativi vanno così ad aggiungersi all’elenco di una quarantina di persone potenzialmente esposte all’amianto allestita a suo tempo dalle FFS. La CoPe, si tiene a precisare, ha sempre dato grande importanza al dossier amianto e si è sempre mossa. Anche di recente, chiedendo misurazioni dell’aria nei capannoni più sensibili.

Il clamore suscitato dai giornali ha spinto molte persone a rivolgersi solo ora al delegato alla sicurezza delle OBE. Come mai? «Probabilmente - ha detto Frizzo - alcuni capi settore hanno ritenuto, in buona fede, di non segnalare propri collaboratori, nonostante fossero potenzialmente a rischio». Intanto la direzione dello stabilimento industriale sta «analizzando retroattivamente quali passi sono stati intrapresi negli ultimi decenni per avere un quadro completo della situazione. E tramite il portavoce FFS assicura: «Allo stato attuale non vi sono più rischi per gli operai e per tutti coloro che, in un modo o nell’altro, sono attivi alle Officine».

I racconti pieni di legittima amarezza raccolti dal quotidiano laRegione - «... non ci si vedeva l’uno l’altro», «...i lavoratori arrivavano a casa con l’amianto ancora fra i capelli…» - esprimono il dramma di chi vive nell’incertezza di una diagnosi che può cambiare il corso della propria vita. Perché il tenore della lettera della SUVA ricevuta per esempio dal collaboratore delle OBE che si è rivolto alla RSI, è questo: «In base alle informazioni in nostro possesso riteniamo che nel suo caso si possa parlare di rischio elevato (di cancro al polmone, ndr.)». «Il nostro intento - ha più volte evidenziato Gianni Frizzo - non è di creare panico o allarmismi - ma di esigere la massima chiarezza». Ma c’è di più: il doppio ruolo della SUVA - cui compete la decisione sull’eventuale riconoscimento della malattia professionale dopo aver deciso il tipo di esami medici e quali pagare - suscita perplessità. Perché i criteri di economicità delle cure appaiono palesi. Ecco perché è stata evocata la creazione di un ente «super partes» composto da persone di alto profilo professionale e indipendenti (medici, giuristi, conoscitori del dossier amianto) che da un lato vigilino sull’operato della SUVA e, d’altro lato, siano a disposizione per consulenze pluridisciplinari.

Intanto sindacati e Associazione giù le mani, hanno garantito al Ministero pubblico ticinese - che nei giorni scorsi ha aperto un’inchiesta preliminare - la massima collaborazione per fare piena luce sulla vicenda. Un incontro tra sindacati e SUVA a Lucerna dovrebbe essere imminente.

Serata pubblica sull’amianto:

martedì 15 ottobre, 20.30, Hotel Internazionale, Bellinzona

Françoise Gehring
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Ruolo del FVA per le vittime dell’amianto

La Fondazione Fondo per le vittime dell’amianto FVA, creata il 28 marzo 2017, ha stanziato circa 6 milioni di franchi per risarcire le persone ammalatesi a causa dell’amianto e i superstiti delle vittime. Ora viene ampliata la cerchia degli aventi diritto: in futuro verranno risarcite anche le persone colpite da un tumore provocato dall’amianto (mesotelioma maligno) dimostrabile come malattia professionale. Ogni anno sono ancora 120 le persone a cui è diagnosticato un mesotelioma mortale.

La priorità della Fondazione FVA è ora il risarcimento alle persone a cui il mesotelioma non è stato riconosciuto come malattia professionale, ad esempio gli addetti al lavaggio dell’ abbigliamento contaminato. In futuro potranno beneficiare del fondo anche coloro che per lavoro sono entrati in contatto con l’amianto. A fine 2018 è stato deciso di indennizzare ventitré parenti delle vittime dell’amianto con un importo totale di 1,4 milioni di franchi.

La fondazione responsabile aveva infatti deciso di estendere la cerchia di persone che ne hanno diritto e chiama anche gli ambienti economici e industriali a donazioni per alimentare il fondo. Per la prima volta indennità vanno anche a una cerchia allargata di beneficiari. Si tratta di vittime dirette o di famigliari di persone che hanno contratto un mesotelioma maligno (tumore del peritoneo o della pleura) a causa di una malattia professionale legata all’amianto. Finora coloro che potevano far valere una indennità erano prevalentemente persone la cui patologia non era riconosciuta come malattia professionale. Si trattava in particolare di appassionati del fai da te o famigliari che hanno per esempio lavato i vestiti contaminati. In base ai dati del 2018, risulta che dalla sua creazione l’FVA ha dato il via libera alle richieste di 33 vittime o famigliari nei quali il mesotelioma non aveva legame diretto con l’ambito professionale. La somma assegnata a questi casi è di 4,4 milioni di franchi.

Vista questa estensione delle prestazioni, il SEV invita i datori di lavoro e il personale dei trasporti pubblici a informarsi in merito a questo sostegno e chiedere eventuali chiarimenti. Il trasporto pubblico (ad esempio le offcine di manutenzione dei veicoli) è uno dei settori che nei prossimi anni registrerà il maggior numero di morti a seguito di malattie provocate dall’ amianto.

 

Risoluzione dell’USS Ticino e Moesa

l vaso di Pandora dell’amianto alle Officine è stato anche al centro dell’ assemblea dei delegati dell’Unione sindacale svizzera Ticino e Moesa, sabato scorso a Bellinzona. Approvata all’unanimità la seguente risoluzione:

La scarsità di trasparenza da parte della SUVA nella gestione del dossier amianto - che ha generato e genera incertezze e timori - non può rimanere tale. Ricordiamo che in gioco c’è la salute delle persone, per alcune delle quali è già compromessa.

La questione dell’amianto, che spesso si vuole isolare ai singoli casi, è un problema di salute e di sicurezza che interessa la collettività tutta.

L’attuale gestione ha mostrato dei limiti oggettivi a cui occorre porre rimedio facendo capo a figure professionali di alto profilo e indipendenti.

L’USS Ticino e Moesa sosterrà tutte quelle iniziative volte a migliorare e a rafforzare la tutela della salute dei lavoratori, delle lavoratrici e delle famiglie colpite. A cominciare dalla serata pubblica prevista il 15 ottobre alle ore 20.30 a Bellinzona (Hotel Internazionale).

E chiede in particolare:

1. Misure di prevenzione per i lavoratori che possono essere esposti all’ amianto oggi (nonché per i gruppi di popolazione esposti (inquilini, ecc.)

2. Misure per estendere i diritti delle vittime dell’amianto (ex lavoratori esposti, ma anche gruppi di popolazione esposti al di fuori del mondo del lavoro)

3. Misure per evitare il ripetersi della tragedia dell’amianto in relazione ad altre sostanze pericolose (prodotti chimici, metalli pesanti, ecc…)

4. L’intervento urgente dei rappresentanti dei sindacati in seno al Consiglio e alla Commissione del Consiglio della Suva, così come del presidente Gabriele Gendotti

5. Massima trasparenza nella comunicazione e nella gestione dei casi.

L’USS Ticino e Moesa s’impegna altresì a promuovere una campagna d’informazione sulle prestazioni offerte dal Fondo di risarcimento per le vittime dell’amianto (FVA, www.fondo-efa.ch) operativo dal 2017. Prestazioni che oltre agli indennizzi per malati e familiari, comprendono un servizio di sostegno psicosociale (Care Service) a tutte le persone entrate in contatto con l’amianto e ai loro congiunti. In Ticino il servizio è garantito dalla Lega Polmonare Ticinese (tel. 091 973 22 80).