L’arrivo di un figlio rivoluziona certo la vita dei genitori, ma non può essere preso a pretesto per modifiche unilaterali del loro rapporto di lavoro.

Lavoro ridotto per la neo mamma? ensenreduktion für junge Mutter

Oggi la legge offre una certa protezione alla neomamma, ma i superiori non sempre vi si vogliono adeguare.

Marina è in dolce attesa del suo primo figlio. È molto contenta, ma anche un po’ inquieta per quanto la aspetta. Dopo il congedo di maternità, vuole comunque riprendere il lavoro, ma quando comunica la sua decisione al suo superiore, si sente rispondere di riflettere bene sul come intende organizzarsi per conciliare il suo lavoro all’80 percento e la cura del figlio, tanto più che Marina se ne occuperà da sola. I due concordano quindi verbalmente un incontro per discutere come lei vede il suo rientro al lavoro.
Marina è quindi molto sorpresa di ricevere, prima del colloquio, una lettera in cui le vengono in pratica intimate le date d’inizio e fine del congedo maternità, al termine del quale riprenderà il lavoro con un grado di occupazione del 50 percento.

Incredulità giustificata

Marina chiama quindi il superiore per manifestargli la sua sorpresa per la determinazione unilaterale della data del congedo, ma soprattutto per il cambiamento del grado di occupazione, sentendosi rispondere che la stessa era stata decisa a seguito di una certa sovracapacità constatata nel suo reparto, che aveva indotto il superiore a «venirle incontro» sul grado di occupazione. Una situazione destinata a migliorare in un secondo tempo, per cui dopo circa un anno avrebbe probabilmente potuto riaumentare il grado di impiego.

Le modifiche devono essere negoziate

Marina è però di un altro parere. In un primo tempo, anche lei aveva chiesto se non sarebbe stato possibile riprendere con un grado di occupazione ridotto dopo il congedo di maternità e poi di aumentarlo gradatamente col passare del tempo.

Il superiore aveva però reagito con scetticismo, per cui in alternativa aveva pensato di aggiungere il mese di vacanza che le restava al congedo e poi di riprendere all’80 percento e si era organizzata di conseguenza.

Richiesta di assistenza giuridica

Si rivolge quindi al team di assistenza giuridica del SEV per sapere se il datore di lavoro ha effettivamente il diritto di fissare la data del congedo e poi di modificare il grado di impiego solo sulla base delle sue esigenze. Il SEV interviene inviando una lettera al superiore, facendo osservare come la data del congedo e il grado di impiego dopo lo stesso debbano essere concordate tra le parti. In caso contrario, il datore di lavoro avrebbe la facoltà di ricorrere ad una disdetta modifica ma, nella fattispecie, la disdetta risulterebbe nulla, essendo emessa durante il periodo di protezione per la gravidanza. Il superiore, che pensava con la sua decisione di aver preso due piccioni con una fava, reagisce in modo piccato, rimproverando Marina sul posto di lavoro per aver coinvolto il sindacato, nonostante lui fosse evidentemente animato dalle migliori intenzioni nei suoi confronti e arriva al punto di affermare di non aver più bisogno di lei, dato che aveva, a suo modo di vedere le cose, ormai distrutto il rapporto di fiducia.

Dato che lui non poteva licenziarla, ha aggiunto, sarebbe stato lieto di ricevere le sue dimissioni.
Colloquio chiarificatore...

Il SEV deve quindi intervenire di nuovo, stavolta con un colloquio con il superiore per chiarirgli quali siano i diritti di Marina sul suo posto di lavoro, tra i quali vi è quello di non dover subire cambiamenti decisi unilateralmente sulla base dei soli vantaggi per l’azienda.

... e fiducia ristabilita

Alla fine, Marina ha avuto un vispo bambino, ha ripreso il suo lavoro, all’80%, al termine del congedo di maternità e di due settimane di vacanza e nessuno ha mai più parlato di rottura del rapporto di fiducia.

Assistenza giuridica SEV